L’Ictus è una sindrome clinica caratterizzata dal rapido sviluppo di segni focali o generali di disturbo delle funzioni cerebrali che durano più di 24 ore e possono condurre a morte, con origine vascolare.
Esistono diversi tipi di ictus cerebrale con diversa patogenesi. Circa l’80-85% degli stroke è di natura ischemica, circa il 15-20% è di origine emorragica (emorragia cerebrale nella maggior parte, meno frequentemente emorragia subaracnoidea). Nel caso dell’ictus ischemico, la più frequente causa è l’occlusione trombotica di un vaso arterioso oppure l’occlusione da parte di un embolo a partenza da altre sede (es: carotide o cuore). Nel caso dell’emorragia cerebrale o ictus emorragico, la patogenesi è riferibile nella maggior parte dei casi alla rottura di un vaso arterioso su base ipertensiva.
L’emorragia subaracnoidea, più frequente tra i giovani, è invece dovuta a rottura di un aneurisma vascolare oppure ad una malformazione artero-venosa nello spazio tra la dura madre e la leptomeninge.
Le forme ischemiche sono in genere a prognosi migliore rispetto alle forme emorragiche ed hanno una letalità a 30 giorni oscillante nei vari studi tra il 10% e il 15%.
In questo contesto nella definizione di ictus sono comprese le forme ischemiche e sono escluse, a causa della prognosi più infausta, le forme emorragiche, l’emorragia subaracnoidea e le altre non specificate emorragie intracraniche.
Nella fase acuta dello stroke viene coinvolto principalmente il sistema dell’emergenza (Servizio 118 e PS/DEA) (fase pre-ospedaliera). In regime di ricovero per acuti – possibilmente in unità dedicata stroke unit – avviene il completo inquadramento diagnostico clinico, la terapia della fase acuta ed il monitoraggio e controllo delle complicanze (neurotiche e generali). Particolare importanza riveste poi la continuità assistenziale offerta al paziente con ictus nella fase post-acuzie, mirata al recupero funzionale ed alla prevenzione delle complicanze e delle recidive.
La mortalità a 30 giorni dopo ricovero per ictus è considerata un indicatore valido e riproducibile dell’appropriatezza ed efficacia del processo diagnostico terapeutico che inizia con il ricovero ospedaliero.
L’indicatore “mortalità a trenta giorni dal primo ricovero per ictus ischemico” misura l’esito a partire dalla data di primo ricovero in ospedale del paziente.
L’attribuzione dell’esito alla struttura di ricovero non implica la valutazione della qualità dell’assistenza fornita da quella struttura ma dell’appropriatezza ed efficacia del processo assistenziale che inizia con l’arrivo del paziente a quella struttura.
Data la probabilità di recidive, un altro esito a breve termine è rappresentato dalle “riammissioni ospedaliere a 30 giorni dal trattamento per ictus ischemico”. Il tasso di ri-ospedalizzazioni a 30 giorni da una dimissione ospedaliera per ictus può costituire un indicatore della qualità della cura sia intra
che extraospedaliera degli eventi cerebrovascolari.
Gli indicatori “Mortalità a 12 mesi dei sopravvissuti ad ictus ischemico” e “MACCE a 12 mesi dei sopravvissuti ad ictus ischemico” sono calcolati per valutare la corretta gestione clinico terapeutica del paziente sul territorio dopo un ricovero per ictus. L’impostazione del percorso clinico terapeutico
prevede un programma di prevenzione secondaria che deve comprendere indicazione dietetiche, modifiche allo stile di vita e la definizione di un corretta strategia farmacologica con l’obiettivo di evitare successivi eventi cardiovascolari o cerebrovascolari che possono essere fatali in tali pazienti.
Il valore degli indicatori può variare tra aree territoriali e strutture; questo fenomeno, oltre che dalla diversa qualità delle cure, può essere causato dalla eterogenea distribuzione, dovuta al case mix, di diversi fattori di rischio come ad esempio età, genere, condizioni di salute del paziente.
Il tuo medico di fiducia si farà carico del tuo problema e ti guiderà ad una scelta consapevole del percorso di cura da seguire. Contattalo per avere tutte le informazioni necessarie ai tuoi bisogni di salute.