Lo scompenso cardiaco congestizio (SCC) – o insufficienza cardiaca – è una malattia cronica e progressiva che rappresenta uno dei maggiori problemi di salute pubblica nel mondo per frequenza, morbilità, mortalità e impatto sui Servizi Sanitari. È considerato lo stadio terminale di malattie cardiovascolari, principalmente l’ipertensione arteriosa, la cardiopatia ischemica e le valvulopatie.
È una patologia caratterizzata dall’insufficiente capacità del cuore nel fornire sangue all’organismo ovvero nella necessità di aumentare la pressione di riempimento per soddisfare le richieste. Secondo la Società Europea di Cardiologia le componenti essenziali dello scompenso cardiaco devono comprendere sintomi di scompenso cardiaco, soprattutto dispnea o astenia, sia a riposo che da sforzo, o edema declive ed evidenza obiettiva di disfunzione cardiaca maggiore a riposo.
Le differenti definizioni di caso utilizzate (criteri clinici o codici ICD9-CM) rendono difficile il confronto dei risultati dei diversi studi: si evidenziano un rischio di morte a 1 anno dalla diagnosi di scompenso cardiaco che varia dal 25% al 33%; il tasso di mortalità a breve termine dopo ricovero per SCC presenta una certa eterogeneità, pur mostrando un trend in diminuzione grazie al miglioramento dell’efficacia delle cure.
La “mortalità a trenta giorni dalla data di ricovero per scompenso cardiaco congestizio” consente di misurare anche quelle morti che possono occorrere subito dopo la dimissione ma che potevano essere evitate da cure ospedaliere efficaci.
L’indicatore “riammissioni a 30 giorni dal ricovero per scompenso cardiaco congestizio” valuta la qualità delle cure sia intra che extra ospedaliere misurando le riammissioni avvenute entro breve termine dal ricovero in ospedale; tali riammissioni possono dipendere dall’insorgenza di complicanze o dal peggioramento del quadro clinico tale da richiedere un nuovo ricovero in ospedale.
Gli esiti per entrambi gli indicatori sono calcolati a partire dalla data di ricovero in ospedale del paziente, che corrisponde alla data di ricovero per SCC.
L’attribuzione dell’esito alla struttura di ricovero non implica la valutazione della qualità dell’assistenza fornita da quella struttura ma dell’appropriatezza ed efficacia del processo assistenziale che inizia con l’arrivo del paziente a quella struttura.
Il trattamento dello scompenso cardiaco prevede non soltanto di correggere i sintomi ma anche di ritardare la progressione della patologia, ridurre la necessità di ospedalizzazione, aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita. I pazienti con scompenso cardiaco da lieve a moderato (classi NYHA I e II) possono essere gestiti al livello territoriale attraverso periodici controlli specialistici, terapia adeguata e programmi di educazione sanitaria.
Una corretta gestione a livello territoriale dei pazienti con scompenso cardiaco e la definizione di protocolli adeguati per la gestione ambulatoriale permettono di ridurre la progressione della patologia ed evitare il ricorso all’ospedalizzazione. L’indicatore “ospedalizzazione per scompenso cardiaco”
consente di valutare l’appropriatezza e l’efficacia del processo di gestione a livello territoriale per tale patologia.
Il valore degli indicatori può variare tra aree territoriali e strutture; questo fenomeno, oltre che dalla diversa qualità delle cure, può essere causato dalla eterogenea distribuzione, dovuta al case mix, di diversi fattori di rischio come ad esempio età, genere, condizioni di salute del paziente.
Il tuo medico di fiducia si farà carico del tuo problema e ti guiderà ad una scelta consapevole del percorso di cura da seguire. Contattalo per avere tutte le informazioni necessarie ai tuoi bisogni di salute.