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La PTCA è una metodica mini-invasiva che consente di dilatare le arterie che diffondono il sangue alle strutture cardiache (arterie coronariche) nel caso in cui siano totalmente o parzialmente occluse dalle placche aterosclerotiche. Ha lo scopo di ripristinare in una determinata regione del muscolo cardiaco un adeguato flusso sanguigno, evitando la comparsa degli eventi clinici che caratterizzano l’ischemia miocardica (angina, infarto miocardico).
Più alti volumi sono stati associati con migliori outcome, soprattutto quando la PTCA è eseguita nella fase precoce di un IMA, in cui è richiesta maggiore abilità ed esperienza rispetto ad un intervento di routine in un paziente stabile (PTCA in elezione), ed in letteratura è dimostrato il rapporto inverso tra la tempestività di esecuzione della procedura nel paziente con IMA (tempo door-to-balloon) e la mortalità a breve termine.
Una recente analisi delle revisioni sistematiche presenti in letteratura ha identificato come soglia di volume per la PTCA 200/400 casi/anno, al di sotto della quale l’efficacia dell’assistenza erogata potrebbe essere compromessa.
Diversi trial randomizzati controllati e metanalisi hanno mostrato migliori esiti clinici (soprattutto riduzione degli eventi ischemici ricorrenti) nei pazienti con Infarto del Miocardio e sopras-livellamento del tratto ST (STEMI) assegnati ad una strategia invasiva precoce, inclusa la PTCA. Nei pazienti con STEMI, la PTCA è considerata il trattamento di scelta quando può essere eseguita da personale esperto, in un laboratorio di emodinamica appropriato, entro 90 minuti dal
primo contatto con il Servizio Sanitario.
La scelta della strategia di gestione del paziente infartuato dovrebbe dipendere da un’accurata stratificazione del rischio e in base alle risorse disponibili nell’ospedale a cui il paziente arriva, per cui il tasso di interventi di PTCA sembra essere significativamente più alto in individui infartuati che
arrivano direttamente ad ospedali forniti di laboratorio di emodinamica.
Una recente metanalisi ha evidenziato che, nei pazienti con STEMI, il trasferimento per l’esecuzione di una ri-perfusione meccanica è associato ad una significativa riduzione della mortalità a 30 giorni.
Tuttavia, nel caso di arrivo ad un ospedale privo di laboratorio di emodinamica interventistica, un’attenta valutazione individuale deve sempre inquadrare i benefici potenziali di un intervento di ri-perfusione meccanica in rapporto ai rischi di un ritardo nel trattamento e del trasporto al più vicino
centro in cui questo intervento sia possibile.
Relativamente all’efficacia comparativa tra l’angioplastica con inserzione di stent e quella con gonfiaggio del palloncino (balloon angioplasty), una recente metanalisi ha concluso che questa procedura sembrerebbe associata ad un ridotto rischio di nuovi infarti e di necessità di ulteriori
interventi di rivascolarizzazione.
Il ruolo delle PTCA, nelle ore immediatamente successive ad un infarto miocardico, può essere inquadrato distinguendo una PTCA primaria, una PTCA combinata con una terapia di ri-perfusione farmacologica e una PTCA di salvataggio dopo il fallimento della ri-perfusione farmacologica.
La PTCA primaria viene definita come un’angioplastica senza precedente o concomitante terapia fibrinolitica; la “PTCA di salvataggio” rappresenta una PTCA eseguita su un’arteria coronaria che continui a risultare occlusa nonostante sia stata instaurata una terapia fibrinolitica.
A seguito di verifiche di associazione tra andamenti degli esiti e nuove variabili cliniche introdotte nel tracciato delle SDO a partire dal 2018, è possibile calcolare l’esito a partire dall’orario di ricovero del paziente fino all’orario di esecuzione della PTCA; in questo caso è possibile considerare un
intervallo compreso tra 0 e 90 minuti. Pertanto, vengono definiti i seguenti indicatori:
1) STEMI: proporzione di pazienti trattati con PTCA entro 90 minuti dall’accesso nella struttura di ricovero;
2) STEMI: proporzione di pazienti trattati con PTCA entro 90 minuti dall’accesso nella struttura di ricovero rispetto al totale di pazienti trattati con PTCA entro 12 ore dall’accesso nella struttura di ricovero.
Tali indicatori, dunque, utilizzano la valorizzazione delle informazioni di data e ora di ricovero ed intervento di PTCA al fine di procedere ad una migliore caratterizzazione della tempestività di intervento associata a tale procedura.
Gli indicatori hanno lo scopo di fornire indicazioni sul funzionamento dell’intero processo assistenziale ospedaliero a partire dal ricovero del paziente. L’attribuzione dell’esito struttura di ricovero non implica la valutazione della qualità dell’assistenza fornita da quella struttura ma dell’appropriatezza ed efficacia del processo assistenziale che inizia con l’arrivo del paziente a quella struttura.
Il valore degli indicatori può variare tra aree territoriali e strutture; questo fenomeno, oltre che dalla diversa qualità delle cure, può essere causato dalla eterogenea distribuzione, dovuta al case mix, di diversi fattori di rischio come ad esempio età, genere, condizioni di salute del paziente.
Il Decreto del Ministero della Salute 2 aprile 2015 n. 70 sugli standard relativi all’assistenza ospedaliera, per in pazienti con infarto miocardico STEMI in fase acuta, riporta una soglia minima della proporzione di intervento di angioplastica coronarica percutanea entro 90 min dall’accesso pari al 60%.
Inoltre, è stato calcolato l’indicatore “Ospedalizzazione programmata per interventi di angioplastica coronarica percutanea”; tale indicatore è calcolato esclusivamente per area di residenza e permette di valutare la variabilità della frequenza di interventi di PTCA tra le diverse realtà territoriali italiane.
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